Una storia più grande di tutti noi.

 Sangue e morte a Caselle - Cose Nostre di Gennaio 2014
Apro questo spazio bianco e per la prima volta mi sembra infinito. Lo so, devo scrivere in fretta, lo guardo e penso alle tre persone che oggi non ci sono più: Claudio Allione, 66 anni, Maria Angela Greggio, 65 anni, e Emilia Campo Dall’Orto, 94 anni. E lo spazio bianco rimane lì, bianco, e lo fisso.
Come non pensare a Caselle Torinese che oramai per la Cronaca nera sarà come Novi Ligure, Garlasco, Cogne. Città colpite da un episodio di violenza. Un episodio di violenza folle, inspiegabile, enorme. Come non pensare che questa violenza improvvisamente è nella nostra realtà, nel nostro paese. Fatti che sembrano così distanti: la violenza domestica, la violenza sulle donne, la violenza in quanto tale. Così impregnata nella nostra realtà.

Di nuovo sangue e morte. Caselle sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali.
Come non pensare al fatto che tutti si sono sentiti il dovere morale di trovare il “torbido” in ogni cosa. Come non pensare al puntare il dito contro qualcuno perché è facile tirare fuori qualunque cosa pur di risolvere il caso in fretta.
Come non pensare al fatto che molti improvvisamente non conoscessero più queste persone, o Maurizio, il figlio, innocente fino a prova contraria, che è nato e cresciuto a Caselle, come molti di noi. Come non pensare a molti, troppi ragazzi di trent’anni, come Maurizio,  che oggi sono senza lavoro, non perché fannulloni, ma perché persone che non riescono a trovare una collocazione fissa.
Come non pensare al fatto che improvvisamente Caselle è al centro della Cronaca nera e molti nostri concittadini hanno sentito il dovere di rilasciare dichiarazioni ai giornali e ai telegiornali, sulla famiglia, sul figlio, e poi magari pensare che le stesse persone sono state prese un attimo da quella mania di essere protagonisti, del poter passare in televisione, dei due minuti di celebrità e di dare sentenze.
Come non pensare che giornalisti che si sono sempre occupati della nostra realtà locale, sono stati accantonati dai loro capiredattori, o dal corrispondente nazionale della loro testata, che magari non conosce la nostra città, che non conosce la nostra gente e la nostra realtà quindi non capaci di ricostruire un quadro tenendo conto della sensibilità che sempre ha contraddistinto la cronaca locale.
Il diritto di cronaca va bene, però  perché non mettere solo le iniziali del ragazzo che si è trovato paracadutato in questa situazione perché chiamato dall’amico? No, la necessità di mettere NOME e COGNOME. Poi, riporto qui il pensiero di Luca Dini, il direttore di Vanity Fair: “Quello che trovavo ancora più irritante era il pregiudizio alla base del ragionamento. Accidenti, il ragazzo non aveva un lavoro fisso. Accidenti, suonava in una punk band. Accidenti, aveva gli orecchini. Accidenti, gli hanno trovato addosso della marijuana. E siccome in Italia marijuana e crack sono la stessa cosa, il ragazzo è un drogato. E allora, dopo le prime frasi di rito sulla «famiglia normalissima e perbene», i vicini cominciavano a ricordare che in effetti qualcosa non andava, che spesso quando il ragazzo faceva visita ai genitori finiva in lite e lui alzava la voce (un ventinovenne che litiga con i genitori: inaudito!). Disoccupato, rockettaro, piercing, droga: insomma, doveva essere stato lui.”
Poi mercoledì 8 mattina, il colpevole. Il compagno della ex colf e i pensieri dei più, improvvisamente sono mutati.
“Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini. Il giorno che accadrà, sarà un giorno sbagliato.” Un pensiero va al mio amico Andrea, il mio maestro di scacchi, che con Maurizio si è trovato catapultato in una storia più grande di loro e di tutti noi.
Mara Milanesio

Post popolari in questo blog

CASELLE TORINESE: Estate ragazzi con "tariffe anticrisi"

@NCH’IO A SQUOLA

CIAK... SI SUONA